Capisci di essere adulto quando rivaluti quasi tutto quello che negli anni più verdi sopportavi a fatica, come l’immutabilità dei pranzi e delle cene in famiglia, prima dei toast strapagati al bar dell’università e delle insalate a prezzi stellari nei pressi dell’ufficio. Come monoliti solidi e rassicuranti, i ricordi ti guidano, puoi dimenticare facce e voci, ma i profumi non li dimenticherai mai.
Chiudo gli occhi ed è domenica, con mia madre che riempie gli involtini con il pangrattato fresco, il prezzemolo, il caciocavallo, pinoli e uva passa e generose scie di olio d’oliva. 30 anni dopo sono io quello che riempie generosamente la carne con la “consa”, il condimento, preparato seguendo quella ricetta imparata con gli occhi, vista e rivista centinaia e centinaia di volte, sul fuoco borbotta il ragù alla bolognese che mia moglie segue con attenzione. Ogni passaggio segue un rituale di famiglia, è un modo di celebrare chi non c’è più e dimostrare una volta in più che sono i ricordi la nostra vera eredità. Ci saranno piatti che i nostri figli non apprezzeranno sino in fondo, li rivaluteranno anche loro quando saranno ormai grandi e lontani. Saranno gli stessi piatti che facevano i nostri nonni, i nostri genitori, in questa brigata di cucina intergenerazionale che continua senza sosta. I ricordi più dolci sanno sempre di domenica, perché era quello il giorno in cui tutti potevano avere più tempo per assaporare ogni singolo passaggio. Quando andavo nello sgabuzzino a riempire la bottiglia dell’olio e recuperare una buatta di salsa preparata l’estate prima. In quella stagione il sole spazzava via ogni brutto pensiero e i ricordi sapevano già di gelato, con quel retrogusto metallico delle monete da cinquecento lire, tenute troppo strette strette nel pugno per non perderle. E quando il piccolo di casa assaggia e gradisce, ecco che un altro cerchio si chiude. In questo numero celebriamo la memoria del cibo e i cibi della memoria.
Questo è il 35esimo numero di Padri in formazione, siamo 4 papà e ogni due domeniche (salvo imprevisti) ci ritagliamo un momento per riflettere su cosa significa per noi oggi essere padri, concentrandoci su momenti che altrimenti fuggirebbero via, alla luce di quello che andiamo sperimentando con i nostri figli.
Padri_e lettere
di Marco Bisanti
L’odore di pomodoro che hai ovunque sul viso dopo aver pranzato con le mani. Odore di matita nella camera dei tuoi primi tentativi coi colori. Odore di sudore condensato sulle punte dei riccioli rossi dopo una giostra di giochi in casa. Odore di terra e marciapiede che fai quando torniamo dall’infinito della villa. Odore di saliva che ti fanno le mani infilate sempre in bocca per il pizzico del quinto dente in arrivo. Odore di stoffa sintetica e bisogni stantii che esplode aprendo il cestino dei pannolini. Odore di sapone senza sapone e crema alla calendula dopo il bagnetto. Odore di caldo che ti investe da più lati quando ti accovacci su di me al momento temuto desiderato del fon. Odore di cuoio e gomma che fanno i sandaletti appena comprati per i prossimi mesi estivi. Sei luce così anche se io non avessi occhi per l’amore visivo. Ho messo due foto accanto, sullo scaffale dei libri: io con te in braccio davanti alla luce dell’oblò nel nostro primo viaggio in nave; mia nonna con un mazzo di fiori sulle gambe accavallate, regalo per il Natale 2000 della signorina Galbato. L’amore gioca con il tempo e tu sei l’odore di quei fiori.
Pennellate
di Marco Zak
La scena si svolge all’ombra della fondazione Prada. Un piccolo patato di cinque anni viene scritturato per uno spot.
Una mattina di foto e di riprese, con due attori che ne interpretano i genitori attorno al prodotto da pubblicizzare.
Il piccolo patato segue diligentemente le indicazioni di registi e direttori della fotografia, ma non ha mai studiato recitazione.
Una scena prevede che corra con molto entusiasmo verso la finta mamma. Due ciak sotto standard e al regista viene l’idea.
“Immagina che quella donna abbia tutte le caramelle del mondo!”
La risposta lo prende in contropiede: “a me non piacciono le caramelle”.
“Cosa ti piace allora?” chiede il poveretto, del tutto impreparato alla risposta che lo lascerà senza parole e con gli occhi spalancati.
“Bollito di lingua…” afferma orgoglioso il pargolo; “…con la senape.”
Non si smette mai di imparare
di Alessandro Buttitta
La pasta comprata al panificio di fiducia che lievita in una grande ciotola. La distesa di salsa a colpi di cucchiaiate, la mozzarella messa a scolare prima di essere affettata alla buona. Le rondelle di wurstel da una parte, le acciughine da un’altra. La luce del forno che si accende, leccarde che si riempiono. La pizza che diventa rito settimanale, la sua preparazione settimanale che si trasforma in tradizione familiare.
Nel passaggio tra famiglie – quella di cui sono figlio, quella di cui sono padre – ho fermamente voluto preservare la consuetudine della pizza fatta in casa. Sono cambiati protagonisti, ingredienti e modalità. Non sono mutati il calore e la serenità che ne accompagnano la preparazione. Con Margherita, mia moglie, rispetto al passato, ci concediamo la birretta durante le varie fasi. Per il resto, l’attesa e il senso di soddisfazione rimangono intatti.
Agnese ci aiuta. Osserva, lancia suggerimenti, si diletta talvolta con il mattarello, disperde nella teglia i vari ingredienti quando l’ispirazione arriva. Un’eredità di sapori e amore che va valorizzata fino all’ultimo giorno.
Scaffale
Com'è essere padre e fumettista insieme? Come si coniuga un lavoro casalingo con un figlio dall'energia incontenibile? Forse il trucco è l'amore per i giochi, per i fumetti e per la cultura pop. Il nuovo libro di Walter Leoni “Cresci piano pensa a me!” che promette di diventare una guida di sopravvivenza alla paternità per nerd creativi.