Mio figlio dorme nella sua culla, si gira ogni tanto, sorride nel sonno e sono felice. Sono immensamente stanco e felice. Mia moglie cerca di recuperare un po’ di energie, dopo qualche settimana di “notti in bianco; baci a colazione” abbiamo trovato un equilibrio. La notte la dividiamo. Sono sempre stato mattiniero. Mio padre che restò nell’animo finanziere sino all’ultimo dei suoi giorni aveva modi spicci e diretti, potevo anche tornare alle 4 del mattino: cambiava poco, alle 6 la sveglia suonava. Ci ha portato il caffè a letto sino a quando ha potuto. Mia nonna diceva che la mattina fa la giornata e aveva, come sempre, ragione.
Questa newsletter nasce per trovare quello che ho cercato sin dal primo istante in cui il test di gravidanza è risultato positivo: informazioni. Per lavoro sono un comunicatore, ho ancora il tesserino da giornalista ma con la crisi di giornali e riviste, son passato dall’altro lato e lavoro in una meravigliosa agenzia di comunicazione.
Ho passato nove mesi a cercare invano informazioni, le trovavo solo nei siti per mamme, nei forum per mamme, in pagine Instagram esclusive per mamme. Anche le app sono tutte progettate e disegnate per le mamme. In 36 ore di corso preparto a noi papà hanno dedicato appena 3 ore alla corretta installazione del seggiolino. Ho scandagliato librerie fisiche e digitali e la proporzione tra libri per mamme e libri per papà è 99 a 1. Ogni volta che mi prendo cura di mio figlio, infermiere e medici mi guardano come un alieno. Come se fosse strano che un papà sappia cambiare pannolini o calmare i singhiozzi di suo figlio. Nei lunghi mesi in cui l’amore si faceva carne e sangue, ho avuto il supporto di amici che c’erano già passati, tre di loro sono stati arruolati in questa newsletter. Questo è il primo numero di Padri in formazione, benvenuti!
Papà al cinema
a cura di Marco “Zak” Marincola
Nel 1978 esce uno dei primi “cinecomic” destinati a fare storia, un film pieno di perle. Si tratta del Superman di Richard Donner, con la sceneggiatura di Mario Puzo, del quale parleremo ancora.
È un film benedetto da un casting perfetto e dalle scelte felici di regista e sceneggiatori che vogliono osare e sanno farlo.
Alla base della storia, le due figure fondamentali per il protagonista, senza le quali non sarebbe quello che tutti conosciamo: Jor-El e “Pa” Kent (non viene mai detto il nome “Jonathan”).
Come l’altro supereroe iconico della DC, Superman è, prima di tutto, un figlio. Ma mentre Bruce Wayne fa nascere Batman dal rapporto mancato con un padre idealizzato, Kal-El/ Clark Kent è il figlio di due padri molto presenti. Jor e Jonathan, J&J.
Uno muore mentre Kal è ancora in fasce, ma gli lascia una quantità notevole di informazioni e insegnamenti; all’altro estremo abbiamo Jonathan, che invece lo cresce e lo accompagna alla maturità.
Superman è letteralmente il figlio di due mondi. E da questi mondi prende la sua vera qualità, quella forgiata dalla sua formazione: non la sua forza (innata, quasi magica), non il suo intelletto (nella media); quello che rende Superman quello che è, che lo definisce come Eroe, è la sua capacità di distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Clark/Kal non è un dio capriccioso: è il figlio diligente a cui sono stati passati dei valori e in base a questi ha imparato a comportarsi. Da una parte lo scienziato filosofo in grado di discutere dei massimi sistemi, dall’altra l’agricoltore di sani principi che vive secondo essi quotidianamente dando il buon esempio. In quanto a figure paterne positive, Superman ha solo l’imbarazzo della scelta, e sono proprio queste figure a trasformare un ragazzo nel supereroe.
Padri_e lettere
a cura di Marco Bisanti
Memorie di cure paterne risalgono già alla fine del Settecento, come spiega questo libro di Carmela Covato. Nella pur rigida distinzione di compiti (materni e paterni), il secolo dei Lumi offre testimonianze recuperate negli ultimi decenni dalla cosiddetta nuova storiografia di origine francese, che ricostruisce utilizzando fonti secondarie il lento movimento dell’organizzazione famigliare verso la centralità morale e culturale di un rapporto coi figli fondato sull’affetto. Tra le fonti di questa ricostruzione rientra Il manoscritto per Teresa (a cura di G. Barbarisi, Led, Milano 2000), dove l’illuminista milanese Pietro Verri racconta la sua speciale esperienza di paternità descrivendo le ragioni del suo progetto educativo nelle diverse fasi della crescita della figlia.
Tutto il manoscritto vibra del bisogno di un padre – non di una madre – di rivolgersi alla figlia neonata – donna non uomo – a cominciare dai preparativi, descritti con dovizia di particolari della sua nascita, del parto, il battesimo, l’allattamento materno contro l’uso del baliatico, all’insegna di un’estrema attenzione nei confronti dell’igiene e della roussoiana libertà di movimento.
La descrizione di Teresa è quella di un padre innamorato: «Mi piace tanto contemplarvi», e poi, il 6 agosto 1777: «Avete due incisivi inferiori… Oggi per la prima volta avete pronunciato papà». Di Verri, c’è da recuperare anche A mia figlia Teresa, a cura di G. Manca, Sellerio, Palermo 2013.
Non si smette mai di imparare
a cura di Alessandro Buttitta
Ci sono due tipi di insegnanti: quelli che sopportano a malapena il ricevimento dei genitori e quelli che adorano questo momento. Io appartengo alla seconda schiera per le ragioni più varie. La principale è la curiosità, una curiosità quasi da antropologo culturale.
Osservare e studiare le reazioni dei genitori quando si parla dei loro figli – bravi, meno bravi, curiosi, disattenti, poco motivati e via discorrendo – è un’esperienza che mi arricchisce. Capisco meglio chi ho in classe ogni giorno. Spesso comprendo quali ansie, pressioni o preoccupazioni attraversano gli sguardi dei miei studenti.
Il ricevimento dei genitori, anche il più anonimo, è sempre ricco di spunti. Per me diventa di indubbio interesse quando al posto delle madri vengono i padri dei miei alunni. Difatti, tendenzialmente le madri sanno già buonissima parte di quello che diranno i docenti. I padri, invece, no. È raro vedere un padre che non venga colto dall’effetto sorpresa. Sembra, a volte, che il docente di turno presenti la situazione didattica, comportamentale e relazionale di un individuo a lui estraneo.
Sarà che sono padre - padre per giunta professore, categoria tra le peggiori al mondo - ma un senso di meraviglia mi pervade ogni qualvolta riferisco loro delle passioni, degli interessi o delle carenze dei figli. Non credo siano disattenzione, distrazione o scarso interesse. Ho visto padri realmente interessati al destino della loro prole.
Credo che sia altro. Spesso non ci accorgiamo di quel che accade sotto i nostri occhi. Temo dipenda da certe nostre ingenuità e dalle aspettative che nutriamo nei loro confronti. Forse, in alcuni casi, è una mancata accettazione del ruolo.
Forse conoscerò la risposta quando un giovane professore accoglierà con un malcelato sorriso le mie titubanze a un ricevimento. Chissà quale espressione avrò mentre ascolterò episodi che riguardano la mia Agnese. Spero almeno di diventare lo spunto per una newsletter su padri in continua formazione.
Papà speciali
a cura di Antonino Pintacuda