Un anno di Padri in formazione, un anno di noi che ogni numero ci siamo ritagliati uno spazio di riflessione e confronto sul nostro ruolo che impariamo semplicemente praticandolo, senza libretti d’istruzione. Abbiamo iniziato questo cammino il 19 marzo del 2023, in occasione della mia prima festa da papà e, con l’aiuto dei miei sodali in questo viaggio, abbiamo avuto la conferma che l’intuizione era giusta. La paternità è una scelta scrive nella sua bellissima vignetta il nostro Zak, gli fa eco il nostro Bisanti: “Illudiamoci di poter essere per i nostri figli, senza piroette, quella cosa che quando hai bisogno giri l’angolo e lo trovi: un padre, che basta un’occhiata ed è una conferma”. In questi giorni ci hanno intervistato proprio sul nostro progetto, un’occasione preziosa per fare il punto su questo percorso che ci vede essere sempre un po’ più consapevoli di cosa significhi oggi essere padri. Insieme possiamo essere un po’ meno spaesati, come annota Alessandro dal suo osservatorio privilegiato della scuola. Negli ultimi anni quella che è in corso è una rivoluzione gentile che sta progressivamente ridefinendo il ruolo del papà. Si parla sempre più di papà 2.0, più attenti e presenti, in preda agli stessi dubbi che storicamente erano associati alla figura materna. In rete c’è un proliferare di spazi dedicati proprio a loro: una community sempre più poliedrica che punta a spazzare via i cliché all’insegna di una piena parità di genere. Sempre più papà cercano e creano spazi di discussione per condividere la loro esperienza e le loro difficoltà. Una figura che vuole ritagliarsi il suo spazio accanto a quello delle mamme, senza sostituirsi ma vivendo in pieno l’arcobaleno di emozioni che accompagna la nascita e la crescita di un figlio. Perché è nei gesti apparentemente semplici e quotidiani che emergono saldamente la stabilità, la forza e l’amore del papà, che diventa, come scriveva John Bowlby, il padre della teoria dell’attaccamento: «la base sicura da cui partire per esplorare il mondo e a cui può far ritorno in ogni momento di difficoltà o in cui ne senta il bisogno.»
Questo è il 32esimo numero di Padri in formazione, siamo 4 papà e ogni due domeniche (salvo imprevisti) ci ritagliamo un momento per riflettere su cosa significa per noi oggi essere padri, concentrandoci su momenti che altrimenti fuggirebbero via, alla luce di quello che andiamo sperimentando con i nostri figli.
Padri_e lettere
di Marco Bisanti
La festa del papà risplende ancora di un beato vuoto commerciale: non chiama uova né mimose, niente pandori o baci perugina. Ha il sapore di un’ordinarietà inossidabile, un amore senza riflettori, nascosto dietro le quinte materne, non per timidezza ma per sostenerle e sostenere tutto in silenzio. Così, almeno, si poteva dire fino a qualche tempo fa. Oggi, dirlo non è più tanto politicamente corretto, rispetto alla figura delle “quinte materne”. Oggi si parla di “paternità attiva”, viviamo il cambio di un paradigma antichissimo, e questa newsletter ne porta i sintomi addosso. La paternità è diventata un genere della comunicazione e performa declinata in vario modo, dall’editoria alla pubblicità, dai discorsi con gli amici al repertorio dei nuovi stili di vita ideali. A fronte di questa piena gioiosa ma, per i gusti di alcuni, forse già pure troppo imbellettata, godiamoci dunque almeno il vuoto commerciale legato allo specifico del 19 marzo. Illudiamoci di poter essere per i nostri figli, senza piroette, quella cosa che quando hai bisogno giri l’angolo e lo trovi: un padre, che basta un’occhiata ed è una conferma. Apoteosi mistica sul modello che, ogni vespro del 18 marzo, inaugura ancora in qualche borgata palermitana il triduo che squaglia l’inverno e resuscita la primavera col rito ormai corsaro delle vampe. Rito sempre più detestato dai cittadini perbene ma necessaria invocazione, alla vigilia di san Giuseppe: per la luce, che nasca ancora una volta dai rottami dei giorni corti. Come vorrei essere padre io, vampa sempre accesa dietro l’angolo; come una vecchia poesia che mi uscì anni fa e faceva
santo è pa’ Giusé
che tra le vampe
dei cortili balla
e le sabbie di scirocco
Pennellate
di Marco Zak
Non si smette mai di imparare
di Alessandro Buttitta
Giorno dopo giorno mi convinco sempre più che persisto ad essere un uomo di scuola per lo sguardo offerto dalla mia posizione. Posso studiare la realtà che cambia veloce dinanzi a me senza quasi seguire il ritmo delle stagioni della vita. Posso soffermarmi su situazioni e su dettagli che altrimenti non avrei modo di notare e osservare. Posso confrontarmi sulle distanze che il mondo insiste a mettere tra ciò che è ammesso e ciò che è concesso, tra ciò che è giusto e ciò che è opportuno.
La scuola offre un campionario pressoché completo di padri. Ai ricevimenti dei genitori se ne vedono di tutti i tipi; per non parlare di quelli che sono convocati in presidenza o in vicepresidenza per problematiche e criticità di figli e figlie. Premurosi, distratti, superficiali, amorevoli, arroganti, attenti, imbarazzati, talvolta imbarazzanti.
Negli ultimi tempi ho la netta sensazione che stia crescendo vertiginosamente il numero dei padri spaesati: non hanno gli strumenti e le energie per orientare e orientarsi; non hanno la pazienza di osservare la direzione che prende l’esistenza dei loro figli. Questi padri danno la colpa quasi sempre alla tecnologia, agli smartphone, ai videogiochi. Sono convinto che ci sia dell’altro di molto più basilare.
Le illustrazioni sono realizzate da Valeria Abatzoglu e sono tratte da “Il mio papà. Tutto quello che lui è per me”, un album in cui raccogliere tutti quei piccoli, grandi, gesti o attenzioni compiuti ogni giorno, come genitori, in modo istintivo e naturale.
Un’infinita sequenza di prime volte in cui papà e figlio crescono insieme in un dialogo continuo in cui si diventa esploratori di mondi fatati, si scacciano mostri da sotto il letto, si impara a volare, si scoprono storie e tesori, in quel gioco senza giochi che è l’immaginazione in un tempo ritrovato fatto di ascolto e attenzione. Non ci sono formule magiche se non il tempo di qualità passato insieme. Perché tutti i gesti raccolti fanno parte della quotidianità del bambino, spesso vengono dati per scontati e possono sembrare poco significativi.
«Attraverso queste pagine, vogliamo invitare i papà a esplorare insieme ai propri figli il mondo di emozioni, giochi e momenti unici che condividono. Ogni carezza, ogni abbraccio e ogni momento trascorso insieme sono mattoni fondamentali nella creazione di ricordi indelebili e nell’edificazione della personalità del bambino. Quando il piccolo sente che il suo caregiver, la sua figura di riferimento, è attento ai suoi bisogni e gli dà protezione e sicurezza si crea una base sicura. Questo significa sviluppare una sana relazione affettiva tra papà e bambino, che permette a quest’ultimo di costruire in futuro, relazioni con altri: amici, partner, figli, colleghi… Sono sicura che leggere e compilare insieme questo album - realizzato con la consulenza scientifica di Nicola Tomba - diventerà un’esperienza preziosa, un momento di connessione autentica che rafforzerà il loro legame e permetterà di condividere momenti indimenticabili. Spero sinceramente che “Il mio papà” diventi un compagno fedele nel viaggio della genitorialità, ricco di emozioni, sorrisi e amore». Barbara Franco, autrice e ideatrice della collana QUID+